giovedì 12 dicembre 2013

Quando l'Italia perse l'innocenza

Quel pomeriggio del 12 dicembre del 1969 la bomba nella Banca nazionale dell'Agricoltura non uccise solo  Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Vittorio Mocchi, Luigi Meloni, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silvia, Attilio Valè, Gerolamo Papetti.
Uccise il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, che se fosse rimasto a casa sua non sarebbe volato giù dalla finestra della Questura di Milano, dove tra l'altro non avrebbe dovuto trovarsi; anche per le poco garantiste norme dell'epoca, erano scaduti i termini del fermo di polizia di quarantotto ore, e avrebbe dovuto essere a casa o a San Vittore.
Probabilmente uccise anche Luigi Calabresi, commissario di polizia che si incaricò di interrogare Pinelli , anche se le mani che spararono furono altre.
Non uccise Pietro Valpreda, ma certamente gli cambiò la vita.
E cambiò la vita di tutti noi, che allora eravamo già nati o che ancora dovevamo nascere, perché dopo quel pomeriggio l'Italia non è più stata la stessa, e non era possibile che non cambiasse.
Sono passati quarantadue anni, e la memoria degli italiani è notoriamente labile: occorre sempre un aiuto per ricordare, e per questo abbiamo letto con molta soddisfazione questanotizia, magari è una buona occasione per fare tutti una visita qui.
Visto che stiamo parlando di memoria, ricordiamo alla fine che se per l'omicidio del commissario Calabresi c'è una verità giudiziaria, le altre vittime citate in questo articolo ancora non si sa da chi siano state uccise. Sarebbe bello se un giorno questo "non si sa" potesse essere cancellato.

Originariamente pubblicato il 12 dicembre 2011 nel blog collettivo "Le Stanze di Eva"

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